Silvana Saccomani, maggio 2021
C’e’ solo una cosa che ognuno di noi porta con se’ sin dalla propria nascita fino al momento della nostra morte e nell’aldila’.
Il nostro nome.
Riguardo al mio, mi ha sempre creato problemi.
Quando stavo per venire al mondo, i miei genitori—italiani immigrati in Canada— erano appena arrivati in questo loro nuovo paese, in cerca di una vita migliore. Infatti, il mio papa’, non era accanto alla mia mamma durante il momento del mio parto. Anzi, era in fila alla miniera dove andava tre volte al giorno in cerca di lavoro, senza vergogna.
Trovare lavoro e sistemarsi era molto piu’ importante per loro che scegliere quel nome perfetto per la loro bambina. Sai, quello che l’avrebbe aiutata ad avere un futuro in questo nuovo mondo come una giovane ragazza, forte e indipendente.
Sono diventata Silvana Saccomani, subito dopo il mio primo respiro.
Al primo anno di scuola elementare, ci stabilimmo a Lethbridge nell’Alberta.
Fu la prima volta che persone al di fuori della mia famiglia pronunciarono il mio nome in pubblico. Non era molto bello.
Mi facevo piccola ogni volta che un supplente di scuola doveva fare l’appello. Non capii perché non lo divisero in sillabe, come ci avevano insegnato a scrivere e leggere. Non lo fecero e dunque quello che venne fuori fu Silvia Sacomi.
Dopo il primo giorno, i miei compagni di scuola mi battezzarono SIL— un monosillabo che non mi piacque proprio.
Senza spiegazione da parte dei miei genitori riguardo alle origini del mio nome, usai l’enciclopedia per cercare di scoprire quanto piu’ possibile e comprendere le conseguenze per il mio futuro.
Ecco quello che trovai.
Negli anni 50, c’era una attrice italiana famosa chiamata Silvana Mangano.
Quindi, anch’io sarei diventata una star?
In latino, Silvana e’ composto da due parti: Silva significa bosco; Ana vuol dire grazia.
Quindi, il mio destino era diventare una graziosa principessa e abitare in una villa italiana nel bosco?
Finalmente, trovai che Saccomani deriva in italiano da sacco o borsa a mano.
Dunque forse, i miei antenati erano artigiani del cuoio che in passato guadagnarono milioni
di cui io sarei stata l’ erede un giorno ?
Fu pure ovvio che i datori di lavoro non fecero mai nessuna ricerca al riguardo. Quando andai per il mio primo colloquio all’eta’ di 16 anni, l’impiegato dal comune mi dette un’occhiata e poi balbetto’, “Ma tu non sei giapponese!”
Certo che a Lethbridge, ci sono i giardini giapponesi e tante brave famiglie giapponesi, compreso i Sakamoto. Ma io non ne facevo parte.
Tanti anni piu’tardi, mio marito ed io comprammo una seconda casa in Italia.
Io fui molto entusiasta dell’acquisto ma non per l’idea romantica di tornare alle radici familiari.
Fu una ragione molto piu’ semplice: seppi che almeno li’, gli italiani avrebbero pronunciato correttamente il mio nome e cognome.
E si’, loro sapevano come pronunciarlo; io, invece, no…..
Non importa dove andavo, in comune per il permesso di parcheggio o in banca per aprire un nuovo conto, tutti erano disponibili a correggere i miei difetti di pronuncia. Poi c’era il discorso della pausa; a quanto pare, dovevo insistere un secondo in piu’ sulla doppia ‘c’ nel cognome e non tanto quanto sulla singola lettera ‘n’.
Una mia amica di scuola si chiama Brenda Mass. Questo si’ che e’ un bel nome.
FINE